Criminal profiling, geographical profiling e crime linking

Gli studi sul profilo criminale iniziarono quando, nel 1970, Howard Teten divenne agente speciale del Federal Bureau of Investigation (F.B.I.) e diede l’avvio, insieme a Patrick Mullany al programma di ricerca sul profilo criminale (proprio incontrarono il dottor James Brussel, apprendendo da lui le tecniche di profilo psicologico dei criminali). Insieme con l’agente speciale Jack Kirsch, Teten e Mullany, diedero avvio, nel 1972, alla Behavioral Science Unit (B.S.U.). Nel 1974 vengono assegnanti alla B.S.U.: Robert Ressler (crimini seriali), John Douglas (crimini seriali), Robert Hazelwood (crimini sessuali), Kennet Lanning (molestatori di bambini, sette e satanismo), Dick Ault (spionaggio), Hassel e Strentz (negoziazione ostaggi), Tony Rider (incendi dolosi). Tra il 1979 e il 1983 Johan Douglas e Robert Ressler, agenti speciali della Behavioral Science Unite (B.S.U.) del Federal Bureau of Investigation (F.B.I.), intrapresero un lavoro di ricerca finalizzato alla comprensione delle caratteristiche degli autori di omicidio, alle dinamiche relazionali con le vittime, al comportamento precedente, contestuale e successivo al delitto. Studiarono un questionario che venne sottoposto a 36 assassini seriali che avevano ucciso 118 vittime, in questa ricerca i due agenti speciali arrivarono a teorizzare la differenziazione tra serial killer “organizzato” e serial killer “disorganizzato” (Douglas et al., 1986; cfr. anche Russo 2010 e 2012)

Nel 1999, David Canter, professore all’Università di Liverpool, partendo dallo studio di 82 casi di omicidio è arrivato ad identificare specifici temi nelle narrative interpersonali degli aggressori e a collegarli con specifiche azioni compiute sulla scena del crimine. I tre temi identificati dall’autore sono: Il tema espressivo-impulsivo; 2) Il tema strumentale-opportunistico; 3) Il tema strumentale-cognitivo (Hicks e Sales, 2009; cfr. anche Russo, 2010 e 2012).

Mentre David Canter nei primi anni Novanta coniò il termine Investigative Psychology per definire una disciplina che comprendesse e rendesse sistematici i contributi della psicologia all’investigazione di Polizia (Canter, Alison, 2004). I campi della psicologia investigativa sono molto ampi: dall’analisi della scena del crimine, infatti, si può tracciare sia il profilo psicologico di un autore di reato, il noto criminal profiling, sia il profilo psicologico di una presunta vittima di reato, la meno nota equivocal death analysis, o analisi di morte equivoca, o ancora effettuare un’operazione che, partendo sempre dall’analisi della scena del crimine, cerca di stabilire se una persona è morta a seguito di un suicidio, o a seguito di un incidente; questa operazione viene definita autopsia psicologica (Picozzi, Zappalà, 2002). Altri campi d’applicazione della psicologia investigativa sono: la negoziazione nei casi di cattura degli ostaggi per richiederne un riscatto o nei casi di barricamento per fare delle rivendicazioni, l’analisi dei testi scritti per identificare l’autore di un reato, l’intervista investigativa effettuata sulle vittime di reato e, infine, la decision making, cioè una metodologia che aiuta a gestire le dinamiche di gruppo delle persone coinvolte nell’investigazione (Rossi, Zappalà, 2004, 2005, cfr. anche Fargnoli, 2005). Tornando ai principali campi d’applicazione della psicologia investigativa, il profilo psicologico, l’analisi di morte equivoca e l’autopsia psicologica, il ragionamento che segue lo psicologo esperto di questa materia, dopo aver effettuato l’analisi della scena del crimine, è il seguente:

1. Mi trovo davanti ad un omicidio? In caso affermativo effettuo il profilo criminale dell’autore del reato.

2. Mi trovo davanti ad un omicidio o ad un suicidio? Per stabilirlo effettuo l’analisi di morte equivoca sulla presunta vittima del reato.

3. Mi trovo davanti ad un suicidio o ad un incidente? Per stabilirlo effettuo l’autopsia psicologica sulla vittima dell’evento.

I campi di applicazione della psicologia investigativa, però, si sono più ampliati, infatti dopo aver analizzato la scena del crimine per tracciare il profilo criminale, si possono, effettuare delle operazioni successive denominate crime link, un operazione volta a collegare i crimini commessi dallo stesso autore, e una volta collegati i casi tra loro, il geographical profiling, che partendo dalle coordinate geografiche dei luoghi in cui sono stati commessi i crimini, traccia il profilo geografico del autore di reato, per indicarne il probabile luogo di residenza rispetto all’ubicazione dei crimini. Il ragionamento che segue lo psicologo esperto di questa materia, dopo aver effettuato l’analisi della scena del crimine di un secondo delitto (o più), è il seguente:

1. Mi trovo davanti ad un delitto, questo crimine è simile ad un altro? In caso affermativo effettuo il profilo criminale dell’autore del reato per capire se è la stessa persona ad aver commesso entrambi i delitti.

2. Mi trovo davanti a due delitti (o più) commessi dallo stesso autore? In caso affermativo effettuo il collegamento tra i casi così da confrontare anche le tracce e le prove raccolte su tutte le sene del crimine.

3. Mi trovo davanti a due (o più) delitti commesso dallo stesso autore. In caso affermativo effettuo il profilo geografico per individuare la probabile zona di residenza del reo, così vedo se in quei luoghi abitano dei sospettati oppure delle persone che, in passato, hanno commesso dei delitti simili a quelli su cui sto investigando.

Fabrizio Russo 

Psicologo – Psicoterapeuta – Sessuologo – Criminologo

Per approfondimenti:

Russo F., Lineamenti di psicologia criminale e investigativa. Il criminal profiling per l’analisi dei crimini seriali violenti, Celid, 2010 (settimana edizione riveduta ed ampliata 2015)

Russo F., Elementi di criminologia. Il criminal profiling per l’investigazione del crimini rituali e dell’occulto, Celid, 2012.

Russo F., Dall’antropologia criminale alla psicologia criminale e investigativa, Celid, 2012.